“Sto bollendo”
“Datemi il potere di suscitare la febbre e guarirò ogni malattia”: ne aveva consapevolezza già, molto prima di noi, il filosofo greco Parmenide. sebbene l’intero organismo ne sia coinvolto e compromesso, la febbre non è una malattia. Il bambino è pronto a combattere e vuole mettere alla prova le proprie capacità (di difesa), confrontandosi con la minaccia proveniente dal mondo esterno (batteri, virus ecc.). In linea di principio, tanto ardore per la battaglia è positivo e possibile solo in un organismo sano, ancora in grado di produrre febbre e pronto, in senso metaforico, ad accettare la lotta per la vita. Misurarsi con gli agenti patogeni e sconfiggerli, cuocere dentro per bruciare questi problematici disturbatori della pace e ristabilire l’equilibrio nel corpo, è lo scopo per cui si sviluppa la febbre. Nei malati cronici – come ad esempio i soggetti allergici, gli immunodepressi o i pazienti ammalati di cancro- il più delle volte, nel periodo precedente la malattia, non c’è più febbre. Nei bambini moderni, trattati fin dalla nascita con vaccini, antibiotici e analoghi strumenti repressivi, questo segnale di sana capacità difensiva viene spesso a mancare molto presto. Questi bambini soffrono la carenza di una reazione vitale e, con essa, di un sistema immunitario maturo, così come della disponibilità a lottare e a confrontarsi; di conseguenza sono privi della protezione naturale derivante dalla propria forza.
Ogni grado di febbre raddoppia le prestazioni del sistema immunitario; ogni nuova febbre lo allena per gli impegni successivi. In questo modo l’attiva capacità di difesa del corpo contro gli aggressori diventa una scuola importante per lo sviluppo di una personalità autonoma e capace. Molti genitori constatano realmente una maggiore coscienza di se nelbambino che ha superato una crisi febbrile: ha avuto luogo un processo di maturazione. Tali bambini sono in grado di prendere in mano la loro vita in tutt’altro modo, saggiare i propri limiti o anche, qualche volta, rispondere per le rime e litigare. Hanno la risposta pronta e sono pieni di entusiasmo, capaci di affrontare con coraggio le proprie scelte, fedeli al motto: “Chi vuole diventare un maestro cominci a esercitarsi per tempo”. II presupposto alla base di tutto ciò è proprio che il bambino possa sviluppare febbre – occasionalmente anche alta – e superare così il problema che ne è alla base. Per farlo deve confrontarsi con la propria capacità di soffrire e con i propri limiti. I bambini – come del resto gli adulti – non imparano di certo quando tutti gli ostacoli vengono loro rimossi e le difficoltà allontanate. Essi, al contrario, devono essere sostenuti e accompagnati con amore e fiducia mentre vivono e superano le loro crisi. E allora, dal superamento della malattia e dei suoi attacchi di febbre, uscirà un bambino più maturo e più forte. Espressioni come “un’attesa febbrile” per qualcosa indicano molto chiaramente la tematica aggressiva della febbre e la generale mobilitazione del corpo nei preparativi a una grande resistenza. Nella pratica clinica s’incontrano frequentemente bambini che si ammalano ad esempio, a Natale o il giorno del compleanno: la gioia della festa, il desiderio di invitare amici e di festeggiare sono così forti da farli ardere, letteralmente, per l’evento con attesa febbrile. Poiché, però, non possono dare adeguata espressione a tale gioia, il tema sprofonda sul piano fisico, sul palcoscenico del corpo, dove va in scena sotto forma di febbre.
